Singin’ in the Rain è un film ha lasciato il segno nelle memorie di intere generazioni. Un classico del musical entrato nel mito, con un cast in stato di grazia, ovvero la triade divina Gene Kelly, Donald O’Connor e Debbie Reynolds.
Singin’ in the rain – Cantando sotto la pioggia Il Musical, è la nuova produzione firmata Stage Entertainment Italia, che ha inaugurato con la regia di Chiara Noschese al Teatro Nazionale, la prima parte di stagione al Teatro Nazionale CheBanca! di Milano, dal 15 novembre 2019 all’11 gennaio 2020.
Ambientato alla fine degli anni 1920 a Hollywood, Singin ‘in the Rain è incentrato sull’età d’oro dell’era del cinema muto, poco prima del passaggio al sonoro. L’affascinante Don Lockwood e la platinatissima Lina Lamont formano una delle coppie più ammirate dello show business e rappresentano la punta di diamante della fittizia Monumental Pictures. Il pericoloso avvento del sonoro, nello specifico de Il cantante di jazz, inizialmente liquidato dal produttore R.F. Simpson come una bizzarra trovata della Warner Bros., costringe la Monumental al gran passo. Peccato che, diversamente da Don, Lina riveli una voce insopportabile, acuta, zeppa di difetti di pronuncia e assolutamente sgradevole. La soluzione è rappresentata da Kathy Selden, una giovane e talentuosa attrice – di cui nel frattempo si è innamorato Don – dotata di una splendida voce. In gran segreto, Kathy doppierà Lina, non senza il boicottaggio di quest’ultima, ingelosita dalla storia d’amore tra lei e Don. La resa dei conti arriverà alla prima del film, Il Cavaliere della Danza, durante la quale Lina verrà smascherata in modo divertente quanto inaspettato.
Naturalmente la realizzazione del film sarà l’occasione per situazioni comiche, grandi numeri musicali e un pizzico di romanticismo. Una formula perfetta, che Chiara Noschese porta in scena alla grande, riunendo idealmente le versioni cinematografica e teatrale, ma rendendo allo stesso tempo omaggio al film, grazie anche all’ottima traduzione dei dialoghi e delle liriche (tutte le canzoni sono state tradotte con l’eccezione di Singin’ in the rain) realizzata da Franco Travaglio.
Senza dimenticare il grande apporto del cast tecnico, che ha permesso di apprezzare a pieno l’ambientazione vintage: gli splendidi numeri musicali coreografati da Fabrizio Angelini, che crea dei coinvolgenti numeri di tip tap Broadway Style, l‘attento gioco di luci di Francesco Vignati e le eleganti scene di Lele Moreschi.
Un discorso a parte meritano i costumi, vero punto di forza dello spettacolo. Ivan Stefanutti infatti non ha solo disegnato dei capi appropriati agli anni ’20, ma ha creato un immaginario molto raffinato di tutto ciò che ci si aspetta di vedere nell’età d’oro del film muto di Hollywood: colori vivaci, trama e pattern particolarissimi, paillettes, punti luce.
Lo spettacolo trasmette tantissima energia grazie a degli interpreti di talento e particolarmente adatti ai rispettivi ruoli. Giuseppe Verzicco è perfetto nel ruolo di Don Lockwood, dimostrando una forte presenza vocale e anche una perfetta aderenza al ruolo, con una fisicità elegante molto simile a quella di Gene Kelly.
Gea Andreotti (Kathy Selden) è notevole sia sul piano canoro, sfoderando una notevole gamma vocale, sia su quello interpretativo, avendo dalla sua anche la naturale freschezza che si si richiede al ruolo (ricordiamo che Debbie Reynolds all’epoca era appena diciannovenne).
Le fa da contraltare Martina Lunghi, davvero esilarante nel tratteggiare la petulante e querula Lina Lamont.
Mauro Simone nel ruolo di Cosmo Brown, offre una prova particolarmente energica e coinvolgente, che non fa rimpiangere le storiche performance di Donald O’ Connor.
Ottimo anche il cast di co-protagonisti: Altea Russo, la maestra di dizione di Lina, che regala momenti di autentica comicità; Maurizio Vandelli, il regista Roscoe Dexter, preda di improvvisi attacchi di panico; Massimo Cinaglia, il produttore dal piglio severo ma dal cuore d’oro.
Questa produzione di Singin ‘in the Rain merita sicuramente un plauso, un classico piacevole e divertente, in cui l’attenzione dedicata a ogni dettaglio rende evidente la raggiunta maturità del musical italiano.