Per sua stessa ammissione, Yasmina Reza non scrive mai delle storie, ma delle situazioni.
E’ proprio il caso di Bella figura – originariamente scritto per il regista Thomas Ostermeier e la compagnia del teatro Schaubühne di Berlino e allestito in Francia lo scorso anno con la regia della stessa Reza con l’interpretazione di Emmanuelle Davos.
La situazione di Bella Figura – visto recentemente nell’allestimento diretto da Roberto Andò al Teatro Carcano di Milano – è quella di una collaudata coppia adulterina, Boris (David Sebasti) e Andrea (Anna Foglietta), in libera uscita per il week-end. Lui ha la bella pensata di portarla in un ristorante poco fuori città, perché, ammette candidamente, gli è stato consigliato dalla moglie. Le scuse di Boris si sprecano, ma i toni tra di due diventano accesi. L’incontro con un’altra coppia, Eric (Paolo Calabresi) e Françoise (Lucia Mascino) , insieme a Yvonne (Simona Marchini), la svaporata madre di Eric, in procinto di festeggiare il compleanno nello stesso ristorante, fa degenerare la situazione e soprattutto il linguaggio. I due, in particolare Françoise, sono legati da una lunga amicizia con Patricia, la moglie di Boris.
Un inizio da vaudeville, rivela gradatamente la profondità del testo, che Roberto Andò sceglie di costruire su una scenografia doppia, una sorta di separé tra la zona della cena a cui si accede tramite una piccola scala e quella d’attesa (la macchina e in seguito il salotto del ristorante). Una scelta, che rallenta però i toni dei dialoghi, anche se sembra sottolineare la doppia chiave di accesso ai personaggi. Individui apparentemente semplici e banali, che esprimono le rispettive fragilità. Boris e le sue ansie da piccolo imprenditore, Françoise e le smanie di controllo, Eric e la voglia di auto celebrazione, Françoise in pericoloso declino verbale per ragioni d’età e infine Andrea. Una Marilyn della banlieue, una donna bisognosa d’affetto, che esprime una grande solitudine e sofferenza. Se la regia fatica a tenere il ritmo dei sferzanti dialoghi della Reza, il cast si esprime su ottimi livelli, soprattutto nelle interpretazioni di Paolo Calabresi, personaggio ambiguo e non facile e Simona Marchini, esilarante nel suo tratteggio di una mente che vacilla, ma non rinuncia alla libertà d’espressione. Un personaggio quasi perduto, proprio come Andrea, che fatica a trovare una connessione emotiva con gli altri. Una connessione, a cui forse i quattro personaggi giungeranno, tra dolore mascherato da risate, solo nel finale.
