La signorina Else è un titolo che sembra naturalmente fatto per il teatro. Un monologo interiore, che è un flusso di pensiero tragico e inarrestabile nella fragile esistenza di Else, bella adolescente insidiata dal maturo amico di famiglia Herr Von Dorsday in virtù della sua ricchezza risanatrice. In realtá, la trasposizione teatrale della celebre novella di Schnitzler non è impresa facile, ricca com’è di voci esterne, dialoghi riportati o immaginati nella mente di Else.
La scelta fatta da Alberto Oliva, nell’allestimento tradotto da Enrico Groppali in scena al Teatro Out Off fino al 22 aprile, affida la potenza verbale del racconto alla sola protagonista, che si muove nella bella scenografia di Marco di Napoli costruita da altalene bianche ondeggianti. È infatti in perenne squilibrio la mente di Else, sospesa tra la realtà sognata da un’adolescente e l’indegno ruolo di merce di scambio a cui la forza la sua stessa famiglia. Un destino terribile, di solitudine assoluta e inascoltata che l’accompagna fino a un tragico e ineluttabile finale. Alberto Oliva costruisce un racconto psicoanalitico efficace, affidato alle corde volutamente implose di Federica Sardini, una presenza delicata ed eterea in un mondo di predatori. Una trasposizione di scottante attualità – naturale l’accostamento al tema degli abusi sessuali e allo scandalo Weinstein – che è sfociato inoltre in una serie di interessanti dibattiti sul tema, al termine delle prime tre rappresentazioni dello spettacolo.
