Venerdì sera al Binario 7 sono tornati Giacomo Ferraù e Giulia Viana con la loro compagnia “Eco di fondo”.
Hanno portato in scena La sirenetta, un’opera multigenere, che riesce a trattare con diverse sfumature un tema drammatico, come quello dei suicidi di adolescenti discriminati per motivi di sessualità.
Riccardo Buffonini, Giacomo Ferraù, Libero Stelluti e Giulia Viana danno vita a uno spettacolo dalla difficoltà interpretativa molto elevata, poiché mescola scene di prosa a giochi di ombre, passaggi mimati interagiti con proiezioni sui fondali, eleganti passaggi “acquatici” creati grazie a una regia che cura perfettamente i tempi scenici, l’illuminotecnica e gli elementi scenografici.
Il tema è duro e lo è anche lo spettacolo, che ha però la capacità di inserire momenti che strappano risate e sa evitare cadute nel ridicolo, persino quando a parlare di sessualità sono un gruppo di Barbie (sì, le bambole) preoccupate per un Ken alternativo che si innamora di un orsetto peluche.
Calcare la mano sul dramma sarebbe stato più semplice e banale, ma così La sirenetta gioca su vari piani semantici e su vari generi, risultando uno spettacolo gradevole, emozionante e complesso.
La metafora che muove tutto è quella della coda di pesce, un elemento di diversità che colpisce alcuni ragazzi e che impedisce loro di camminare e di condurre una vita normale.
Il testo di Ferraù e della Viana non è semplice, l’inizio è leggermente difficile da assimilare e non appare subito chiaro cosa vogliano dire i quattro sul palco, complici anche alcuni passaggi simbolici e certe frasi ermetiche, ma col passare del tempo i tasselli vanno al loro posto. Il gioco dei livelli si fa evidente e funziona sempre meglio, rivelando un ragazzo reale e la sua diversità, riportata per riflesso anche su quella del suo mondo dei giochi.
Perché per ogni bambino, nessun giocattolo è solo plastica, ma qualcosa di vero e animato.
In 70 minuti di performance, vengono espressi diversi concetti, si dice e si comunica molto, partendo dalle voci dei mezzibusti dei nostri TG e finendo con le lettere di alcuni adolescenti suicidi. Di loro rimangono stralci di testimonianze, ma soprattuto una forte lezione e una marea di domande, che si perdono in quel mare tanto evocato nello show.
Esiste davvero questa coda di pesce che ci tormenta? E se sì, qual è il prezzo da pagare per rinunciarvi?
Per tornare a essere normali bisogna per forza abbandonare qualcosa di se stessi? Ed è davvero giusto farlo?
Molte domande, qualche risposta, ma è giusto così: ogni spettatore, durante gli applausi finali, aveva gli occhi lucidi e l’empatia con gli attori era fortissima, perché in fondo la risposta l’abbiamo trovata tutti, da soli, dentro di noi.
Foto di Lorenza Daverio
Recensione di Mattia Gelosa