“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”. Così descrive Munch nei suoi diari, la creazione di quell’urlo che ha squarciato il Novecento per arrivare fino a noi con la sua assordante disperazione. E così ce lo restituisce Corrado Accordino nel suo monologo Munch Autoritratto su Carne, al Teatro Libero di Milano fino al 15 aprile. Una scena semi-nuda, una sedia, un fiore in una bottiglia poggiata a terra, scarni riferimenti di una realtà inafferrabile, di un’angoscia perpetua di una mente instabile alla perenne ricerca di nuovi contorni da dare alla mutevolezza dell’anima. Un’anima mundi che converge tragicamente nelle mille voci, colori e disegni del flusso di pensiero di un artista in costante evoluzione. Munch apre la mente sui cambiamenti del Novecento, sulla fuggevolezza della realtà che non è più una, ma tante inafferrabili, crudeli e potenti. Un’esistenza tragica la sua – segnata dalla morte prematura della madre, della sorella e dalle ossessioni religiose del padre – che Accordino evoca con i toni strazianti di un’umanità disperata e terribilmente sola. Ne emerge un uomo che è capro espiatorio del cambiamento inarrestabile della realtà moderna , vittima dell’insostenibile fluidità contemporanea. Ecco che allora che nulla è più certo, la tele di Munch si fanno tele dell’anima, in cui “un viso può essere giallo o blu” e in cui i colori stessi si fanno suoni assordanti. L’intensa prova di Accordino si carica di mille significati ed emozioni, che poggiano su una precisa costruzione scenica e sul consueto gusto spiazzante e vagamente cinefilo nella scelta delle musiche, il valzer di Shostakovich e l’Andante di Schubert di kubrickiana memoria fino a You want it darker di Leonard Cohen. Un lavoro vibrante che regala al pubblico uno sguardo stupefatto sulla terribile bellezza fluttuante del mondo moderno.
