Una compagnia di detenute, ex detenute, artisti e musicisti presenta monologhi e dialoghi ispirati alla Tempesta di Shakespeare e riscritti in “nuove Tempeste”. E’ il San Vittore Globe Theatre – Atto II. Le Tempeste, frutto del laboratorio del CETEC Dentro/Fuori San Vittore, condotto dalla regista e drammaturga Donatella Massimilla. Uno spettacolo di auto-drammaturgia tutto al femminile, che andrà in scena mercoledì 4 ottobre al Piccolo Teatro Studio Melato. Un teatro come mezzo di salvezza, fatto di racconti, tempeste e naufragi, che diventano specchio della deriva di ogni singolo. Alla ricerca teatrale si affianca la prospettiva di rieducazione e reinserimento lavorativo delle attrici detenute, grazie al progetto itinerante “ApeShakespeare To Bee or not To Bee”, prima Ape car in Italia di Street Theatre e Street Food.
L’esperienza di teatro in carcere fu già pioniera in Italia e in Europa, grazie a Giorgio Strehler, che, il 16 novembre del 1996, realizzò un memorabile incontro di teatro proprio su La Tempesta di William Shakespeare. Il CETEC Dentro/Fuori San Vittore porta avanti da oltre venti anni una ricerca artistica, pedagogica e formativa che si ispira alle tematiche del femminile di disagio e diversità. Ne parla la stessa Donatella Massimilla: «Sono passati ventuno anni da quell’incontro magico a San Vittore con un Prospero che si chiamava Giorgio Strehler. Un baratto su “La Tempesta” di Shakespeare, che è rimasto impresso nei nostri cuori. Il tutto ai tempi in cui il connubio teatro e carcere muoveva i primi passi sul piano nazionale ed europeo, il Maestro ne riconosceva la forza rivoluzionaria, l’artisticità oltre che l’utilità sociale e ci esortò ad andare avanti e a vincere le difficoltà… Questo abbiamo fatto e continuiamo a fare proseguendo nel lavoro non più solo dentro il carcere di San Vittore, ma soprattutto fuori, nelle periferie, con le nostre ex detenute attrici. Per passare il testimone ai giovani per un teatro di “confine” che continua a parlare con il cuore, la passione e l’umiltà di un teatro povero reinventato in un carcere, San Vittore, dove il teatro non c’è».
La foto è di Elena Savino